Propongo una doverosa iniziativa per la prevenzione degli incidenti sul lavoro (terrorista)

Scusate, ma secondo voi ci sono i sindacati a Gaza? E funzionano? Insomma, sono in grado di difendere i lavoratori? Non solo sul piano dello stipendio, ma anche su quello altrettanto importante, delle condizioni di vita e di lavoro, della prevenzione degli infortuni, insomma della sicurezza? Temo che anche questa volta, come accade spesso, vi meravigliate delle mie domande fuori luogo e impertinenti. Tanto lo sanno tutti che a Gaza non lavora quasi nessuno, quando han preso il potere hanno distrutti le serre e gli impianti agricoli che erano stati lasciati intatti al momento del ritiro di Israele; a differenza del West Bank non hanno neanche provato a realizzare qualche industria, le due principali fonti di lavoro sono i tunnel del contrabbando e le bande terroriste finanziate dagli aiuti internazionali.

Lo so, lo so. Ma mi chiedo: si tratta di lavori ad alto rischio, ogni tanto un tunnel crolla e seppellisce i disgraziati che li allestiscono, soprattutto capita spesso con l’altro mestiere. Non solo perché il terrorismo tende a suscitare la reazione delle vittime, ma anche perché si tratta di giocare, letteralmente col fuoco. Nell’ultime settimana sono stati quattro o cinque, se non sbaglio, i lavoratori palestinesi del terrorismo che sono stati eliminati durante scontri a fuoco con pattuglie israeliane mentre cercavano di mettere trappole esplosive sul loro percorso, oltre la barriera di confine. Voi dite che gli israeliani dovrebbero essere più pazienti e lasciarli fare, porgere l’altra guancia, che reagiscono troppo. Vabbé, forse in teoria avete ragione, soprattutto sono israeliani e dunque dal punto di vista eurarabo tutto è sempre colpa loro per definizione, piove Israele ladro, non piove lo stesso; ma la reazione delle vittime si sa, è una condizione di partenza per il terrorismo. Che terrorismo ci sarebbe senza i nemici? Certo, è più facile andare nelle pizzerie, nei supermercati e negli autobus, dove i nemici sono donne e bambini, gente che festeggia un matrimonio o fa la spesa; ma quelli si sono fatti furbi, hanno messo su la barriera e badano a fermare lì i terroristi. Fa parte del gioco, no?

Mi domando però se il datore di lavoro ha preso tutte le precauzioni, ha dato ai terroristi i kit di pronto soccorso, ha messo dei segnali con le istruzioni in caso di incidente eccetera. Vi risulta? Tenete conto anche che ci sono stati degli altri incidenti, senza la reazione dei nemici, e questo è assai più grave, rivela dei problemi nell’organizzazione antinfortunistica del terrorismo. In particolare l’altro giorno due giovani lavoratori terroristi sono morti per un puro incidente sul lavoro, senza intervento della controparte, mentre stavano preparando una bomba o trasportandola sul luogo del consumo. Guardate qui: http://www.focusonisrael.org/2010/04/18/incidente-sul-lavoro-gaza/ . E non è affatto la prima volta. Sulla stessa pagina trovate la testimonianza di incidenti analoghi accaduti il 13 gennaio di quest’anno, il 14 e 21 maggio e il 20 marzo dell’anno scorso, il 23 luglio del 2008. La serie certamente non è completa. Va bene che i giornali eurarabi nascondono la notizia e al peggio si può sempre dare la colpa a un missile nemico, ma, detto fra noi, il problema resta.

Ora, vi chiedo di nuovo: non c’è un ispettorato del lavoro a Gaza? Non ci sono sindacati? Nessuno potrebbe certamente chiedere a quei santi di Hamas di smetterla di giocare con le bombe: che volete, è la loro principale attività, la loro ragione sociale, e anche il business per cui tanti giovani gazani trovano finalmente lavoro. Non si potrebbe eliminare senza gravi ripercussioni sociali, l’Onu ne è ben consapevole, tant’è vero che spesso li accoglie anche nei suoi locali. Ma mi chiedo: prendono tutte le precauzioni necessarie per i loro dipendenti? Hanno l’armadietto del pronto soccorso, la luce rossa sulla porta che indica “bomba in fabbricazione”, gli aspiratori per disperdere i fumi velenosi? Soprattutto mi preoccupa la mescolanza col traffico civile: evacuano la gente dalle case prima di giocare al piccolo chimico? Segnalano il trasporto con una scorta di polizia coi cartelli “carico pericoloso”? Ci sono gli appositi cartelli “Divieto di esplosione”, nei posti dove le bombe non devono scoppiare? Ecco, io temo di no. E l’Ispettorato del lavoro li ha mai multati? Il sindacato terroristi ha mai scioperato?

Tirare bombe sui civili e a maggior ragione sui militari è un diritto inalienabile dei popoli in via di sviluppo, che devono vendicare la strage dei Siux e il colonialismo belga nel Congo, questo l’ha scritto di recente Jean Ziegles e lo sanno tutti in Eurabia: nessuno vuole impedire la “resistenza” e le sue forme scoppiettanti di espressione. Ma la salvaguardia dei lavoratori dev’essere garantita anche in questi casi, lo ribadisco. Segnalo dunque la cosa alla CGIL, che è così sollecita ai diritti dei palestinesi. E anche a Pax Christi, perché la vita viene prima di tutto.  Magari mediante comuni amici potrebbero intervenire e ottenere un adeguamento delle misure di sicurezza.  Potrebbero lanciare una campagna di “terrorismo sicuro”, con manifesti e spot pubblicitari… O recapitare loro qualche esperto di prevenzione chimica… Insomma, sapranno loro cosa fare, io mi limito a mandare cartoline e ad augurare: buon appoggio al terrorismo sicuro !

Ugo Volli

Tratto da L’Informazione Corretta

~ di defendersoffreedom su 22/04/2010.

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